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Si utilizza il temine tossicità comportamentale per indicare le azioni di un farmaco che interferiscono o limitano la capacità di funzionamento di una persona. Abbiamo tutti presente ovviamente il caso estremo di una persona in stato catatonico che è sotto l’effetto di pesanti farmaci antidepressivi, ma non facciamo caso magari a quelle sfumature meno evidenti che talvolta possono caratterizzare il vivere quotidiano. Per esempio un leggero stato di depressione potrebbe non destare alcuna attenzione ma è un’alterazione possibile e frequente dell’umore dovuta all’assunzione ad esempio degli anticoncezionali, che, come si legge anche in una nota informativa di Aifa, possono talvolta portare a depressione, fino al desiderio di suicidio. Insomma non parliamo di acqua di rose. Ad una giovane puerpera che magari soffre solo di acne, oppure si ritrova con un ciclo doloroso o assai abbondante viene spesso e volentieri suggerita come unica possibilità quella di una pillola anticoncezionale, senza minimamente considerare tutte le alternative possibili (che non sono poche), trascurando con leggerezza la tossicità comportamentale, ovvero la possibilità, oltre ai noti effetti collaterali, di ritrovarsi con un umore che non dovrebbe corrispondere affatto a quello di una giovane ragazza. Si tratta magari solo di sfumature, ma anche le scelte della nostra vita spesso partono da semplici sfumature; in fondo non è la gioia che ci spinge alle scelte più belle? Ma se quella gioia è sopita o ovattata?
È doveroso riconoscere al progresso tanti aspetti positivi, ma non è incoraggiante il fatto che sia complesso poter mettere sulla bilancia con trasparenza ogni peso e ogni contro peso quando si parla di medicinali.
Valori che purtroppo non vengono mai misurati sono la gioia, l’integrità e la lucidità… chissà se il progresso può realmente incidere su questi parametri difficilmente misurabili. Comunque, a giudicare dall’aumento del consumo di antidepressivi, non sembra che la vita sia poi così migliore in termini di benessere psichico. E se questi antidepressivi fossero la conseguenza inconsapevole di un precedente utilizzo di farmaci?
Finora abbiamo menzionato solo gli ormoni anticoncezionali, che comunque riguardano circa il 20% delle donne italiane. L’abuso di antibiotici ha certamente scandalizzato lo stesso ambiente medico, ma, a parte l’antibiotico-resistenza, argomento di tutto rispetto, raramente si considera l’impatto dell’antibiotico sul microbiota intestinale e, ancora più raramente si considerano i rapporti tra microbiota e sistema nervoso. Ad approfondire sembra quasi di avere in mano il vaso di Pandora. Ciò che si propone tradizionalmente come cura ufficiale di tanti disturbi può essere talvolta la causa potenziale di altri problemi e può realmente inficiare l’integrità umorale delle persone. Si baratta la propria gioia in cambio di una pronta risposta sintomatica specifica. La febbre per esempio, che non è una malattia ma una risposta acuta capace di manifestare la vitalità dell’organismo e la sua reattività immunitaria, viene sempre combattuta e ammutolita coi farmaci, come fosse una malattia, senza considerare che il sistema immunitario si attiva e si sviluppa proprio grazie alla febbre, mentre regredisce se non viene utilizzato. Per uno sportivo l’allenamento è fondamentale e lo stesso vale per il sistema immunitario. Anche sapere verso che cosa un sistema immunitario debba essere forte, come accade nei vaccini, è una presunzione non sempre saggia. Talvolta è meglio non essere troppo specifici, se il campo di battaglia è ampio come la vita, perché si finirebbe per concentrare tutti i giocatori in difesa lasciando sguarnito l’attacco. Non dimentichiamo che anche i tumori hanno un legame con il sistema immunitario e sono in aumento.
Giocare con il sistema immunitario, come dimostra la psiconeuroendocrinoimmunologia, non è irrilevante, se consideriamo le connessione tra tutti questi sistemi, quindi non sappiamo quanto pilotare una parte possa avere effetti sulle altre. Non sappiamo con certezza se evitare ad esempio le malattie dell’infanzia possa essere un reale beneficio all’intero sistema, perché a volte anche le sfide sono necessarie, e considerando appunto le strette relazioni tra i vari sistemi della biologia umana, saltare certi eventi non è escluso che possa alla lunga essere controproducente per lo sviluppo globale dell’individuo e, quindi, per la sua salute nel lungo periodo. Questo è un dubbio che già in tanti hanno sollevato, ma le risposte sarebbero troppo complesse da dare, quindi nessuno ce le fornirà mai, anche se vi sono tante testimonianze di pediatri, alle quali non viene dato alcun valore nel panorama scientifico.
Insomma la scienza parla solo la sua lingua e non ha alcun interesse a comprendere che vi possano anche essere altri linguaggi altrettanto validi, seppur sorretti da una loro logica. Collegando i puntini si scopre che si imbarca acqua da varie parti.
Pensando secondo una ottica olistica, secondo la quale la malattia ha un significato chiaro, anche la leggerezza con cui si assumono certi farmaci è scandalosa. Penso a persone che si trovano a 50 anni con un infarto e ne escono con consigli fuorvianti del tipo: “riprenda pure la vita di prima cercando di stare u po’ più calmo e ricordandosi di prendere questa sportina di farmaci a vita”. Sia mai di valutare un cambio di stile di vita! Eppure quei farmaci sono pagati sotto forma di tasse da parte di tutti, quindi perché un po’ di senso civico in questi ambiti non viene mai preso in considerazione? Un po’ di impegno per non gravare sulla collettività?
Ci sono ormai tante evidenze di come solo il fatto di adottare certi stili alimentari possa essere fondamentale per modulare e prevenire quadri patologici, ma l’unico aiuto ufficiale che viene dato ai cittadini è quello per acquistare i farmaci in caso di bisogno, a giochi fatti quindi, non certo a scopo preventivo per dotarsi di integratori, di cibi ad alta vitalità e salubrità o per aderire a specifici programmi di attività fisica.
Non è il caso di polemizzare ma occorre considerare che il modo di porsi di fronte a certi argomenti è polarizzato e miope, quindi, nonostante il peso dei bugiardini, ci si approccia spesso in modo automatico e acritico all’uso di farmaci per ogni minima cosa, senza ponderare realmente quelli che possono essere i rischi e i benefici reali, probabilmente anche perché chi ha il potere di indirizzare le persone ha più vantaggio nel suggerire i farmaci che a sconsigliarli. D’altronde ormai sono i colossi farmaceutici che gestiscono ricerca e formazione e fungono anche da controllori di se stessi. Hanno in mano tutta la filiera di quello che è un vero e proprio business, nel quale non è dato sapere quanto spazio sia riservato all’etica.
Gli antinfiammatori sono tra i farmaci più subdoli, cioè, il bugiardino non si risparmia, ma si immagina sempre che l’effetto collaterale, nel caso si presenti, sia netto e immediato. Nessuno pensa mai che un problema che si presenta dopo qualche tempo possa dipendere da quella assunzione. Ma ne siamo sicuri?
La soppressione del dolore fisico è proprio una fregatura perché il dolore non è la manifestazione voluta da un divino sadismo quanto piuttosto il meccanismo attraverso cui l’organismo prende coscienza di sé e del problema. Lo sanno bene i monaci Shaolin, che per far passare il mal di schiena lavorano proprio con il dolore, mezzo necessario a riattivare le cellule staminali e a innescare un reale rinnovamento. Invece nella nostra cultura occidentale l’energia spesa per generare dolore viene banalizzata, insomma il più basico aspetto che attua l’organismo per reagire viene bloccato aprendo le porte a un circolo vizioso sempre più cronico da cui diventa difficile tornare indietro e che finisce troppo spesso a cortisone e psicofarmaci, ovvero palliativi che esprimono il fallimento farmacologico.
Ma torniamo alla tossicità comportamentale: se solo si leggessero i bugiardini con un po’ di conoscenze di medicina cinese, per esempio, ci si renderebbe conto che gli organi possiedono una relazione con una specifica parte psichica. Quindi, un possibile effetto collaterale che coinvolge i reni, potrebbe renderci più paurosi, insicuri e depressi; se coinvolge il fegato potrebbe renderci più rancorosi e delusi; se coinvolge lo stomaco potrebbe portarci a avere pensieri fissi e preoccupazioni, ecc. Insomma l’azione tossica dei farmaci su specifici organi si caratterizza con una precisa risposta correlata anche a livello psichico. Allora se un antibiotico altera il microbiota per almeno 6 mesi, per quel lasso di tempo potremmo essere alterati, magari solo un po’ più ansiosi o nervosi, ma non possiamo escludere anche che si presentino degli attacchi di panico.
Di fatto la vita cambia, non si tratta di zuccherini. Chi inizia a prendere sportine di farmaci diventerà un’altra persona rispetto a prima, cioè sarà sempre la stessa, ma esprimerà il potenziale di fragilità e squilibrio che la sua personalità covava. Lo si nota bene con anziani con patologie neurodegenerative che diventano ingestibili e nervosi ma migliorano semplicemente con un sostegno emuntoriale riducendo cioè la tossicità dei numerosi farmaci assunti, anche se purtroppo la prassi standard è quella di aumentare i sedativi. Insomma si curano con i farmaci gli effetti negativi di altri farmaci: un paradosso senza capo né coda.
Che si parli di scarsa volontà, impazienza, nervosismo, paura, depressione, incertezza può essere irrilevante se si salva una vita, ma se la vita stessa in una sua ampia porzione viene trasformata in negativo, allora dov’è il vantaggio? Cos’è la vita?
Purtroppo ci sono tante alternative ma non vengono considerate. Nonostante tutti gli scandali che attorniano il business della salute ancora siamo capaci di accettare un sistema fallace che fa acqua da tutte le parti. Non che il progresso medico vada cancellato, ci mancherebbe. Nulla deve andare perso, ma andrebbe di certo integrato.
Per quanto i compromessi talvolta siano importanti o necessari la polarizzazione in una unica direzione, le estremizzazioni, l’atteggiamento passivo da mal comune sono elementi pericolosi che minano qualsiasi svolta realmente benefica per la collettività. Quindi è importante parlare di tossicità comportamentale perché se l’uso indiscriminato della medicina farmacologica di sintesi è capace, seppur in modo indiretto, di corrompere la nostra integrità psicologica, non possiamo avere la volontà di reagire e proporre soluzioni più lungimiranti e ampie. Quindi non è necessario fare guerre, solo ampliare gli orizzonti, guardarsi attorno, farsi domande, perché c’è un mondo collaterale, talvolta anche di puro business, ma vi è anche una parte genuina che si conosce solo quando la vita non concede alternative se non quella di mettere tutto in discussione. Forse sapere che i farmaci un po’ ci ovattano non è un argomento sufficiente a entrare in un nuovo flusso, forse è anche questa un’esagerazione, ma anche il poco talvolta è troppo e allora per qualcuno anche un piccolo seme può essere una grande opportunità. Non si tratta di una nuova scorciatoia o di una nuova moda, si tratta di porsi in modo adulto di fronte alla realtà, con coraggio, forza e lucidità e di riconoscere la differenza che c’è tra la salute autentica e una scomoda stampella. Tutto qua.
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